Liste d’attesa e costi insostenibili: la sanità lascia milioni di cittadini indietro
Diritto alla salute in pericolo: quasi 1 italiano su 10 rinuncia alle cure
Nel 2024, circa 5,8 milioni di italiani, pari al 9,9% della popolazione, hanno dichiarato di aver rinunciato a curarsi per problemi legati alle liste di attesa, alle difficoltà economiche o alla scomodità delle strutture sanitarie. Un dato in forte crescita rispetto al 2023, quando gli individui che avevano rinunciato alle cure erano 4,5 milioni (7,6%). A rendere noti i dati è stato il presidente dell’ISTAT, Francesco Maria Chelli, durante l’audizione sulla manovra finanziaria. Secondo Chelli, la rinuncia a causa delle lunghe liste di attesa è la motivazione principale, indicata dal 6,8% della popolazione, con un aumento costante negli ultimi anni: era il 4,5% nel 2023 e solo il 2,8% nel 2019. Il fenomeno colpisce in particolare le persone adulte tra i 45 e i 64 anni (8,3%) e gli anziani sopra i 65 anni (9,1%), mentre tra le donne la percentuale di rinuncia sale al 7,7%, arrivando al 9,4% nella fascia 45-64 anni e al 9,2% tra gli over 65. Questi dati rappresentano, secondo l’associazione Codici, «la fotografia impietosa di un fallimento sistemico». Come spiega Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale dell’associazione, «non si tratta di una crisi temporanea, ma di un evidente collasso del sistema sanitario nazionale. Quando il 6,8% della popolazione dichiara di non potersi curare a causa delle liste d’attesa, non si parla di semplici inefficienze burocratiche, ma di cittadini che rinunciano a diagnosi precoci, con malattie che si aggravano nell’attesa e sofferenze evitabili che diventano croniche».
L’articolo 32 della Costituzione sancisce il diritto alla salute, ma per milioni di italiani questo diritto rimane ancora «solo un principio astratto», osserva Codici. La discriminazione colpisce soprattutto donne e anziani, le fasce più vulnerabili della popolazione. Il fenomeno è trasversale sul territorio nazionale: dal Nord (6,9%) al Centro (7,3%) fino al Mezzogiorno (6,3%), nessuna regione è risparmiata. Giacomelli sottolinea inoltre che «ogni giorno di attesa può fare la differenza tra una diagnosi precoce e una malattia avanzata, tra una terapia efficace e complicazioni irreversibili». La rinuncia alle cure genera un circolo vizioso: patologie non trattate richiedono poi interventi più complessi e costosi, aumentando ulteriormente la pressione su un sistema già in difficoltà e incentivando la crescita della spesa sanitaria privata, accessibile solo a chi può permettersela.
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