Al Teatro Alfonso Rendano di Cosenza l'Orchestra Sinfonica Brutia

Il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, debutta venerdì 17 ottobre alle ore 20,30

A cura di Redazione
16 ottobre 2025 08:00
Al Teatro Alfonso Rendano di Cosenza l'Orchestra Sinfonica Brutia -
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Cosenza - Tempo di anniversari importanti e venerdì 17 ottobre, alle ore 20,30 sarà il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli a salire sul podio del teatro Alfonso Rendano di Cosenza, alla testa dell’Orchestra Sinfonica Brutia, accogliendo l’invito del direttore artistico Francesco Perri e del Presidente della I.C.O. Francesco Alessandro Caruso, per dirigere la pianista Maria Perrotta nel concerto in Sol Maggiore di Maurice Ravel e la formazione calabra nella I sinfonia in Do di Georges Bizet, in occasione della doppia celebrazione nel CL della nascita di Ravel e della scomparsa di Bizet, appuntamento inaugurale della Stagione Concertistica Autunnale “Armonie Trasversali”, dal titolo “Sortilegi e Incantesimi”.

Cuore e intelletto, sentimento e ragione, si misurano senza posa in una schermaglia incruenta e leale, dialetticamente fecondata dalle luci e dalle ombre di misteriosi sortilegi, di recondite fabulazioni, con eleganza e cortesia, delicatezza e affetto: potrebbe forse riassumersi così l’ipersensibile e discretissima parabola umana e artistica di Maurice Ravel, mentre Georges Bizet resta il simbolo di una creatività originale, in seguito turbata dall’insicurezza del carattere e dalla subordinazione ad influssi esteriori e condizionamenti della Parigi operistica del secondo Ottocento, ma parimenti sbocciando, poi, come un vero miracolo di espressione lirica,  tra habanere e seguidille, che sono diventate le immagini universali di una Spagna, schizzate da un francese, in vortici di danza quale sfinitezza, spossatezza mortale, con cui il demonio Bizet, pronunciando un incantesimo, va fino in fondo, riuscendo a fissare i lineamenti sfuggenti della sua parabola interiore.

Il concerto di Maurice Ravel – ha rivelato il M° Jacopo Sipari – rappresenta un debutto assoluto con questa partitura per la quale ho avuto tante richieste di direzione da diversi amici pianisti, un concerto, questo, che mancava nel mio repertorio, visto che io adoro i concerti per pianoforte e orchestra. E’ un Ravel del tutto particolare che nasconde echi mozartiani, altamente classici, nonché bluesy, con l’uso dei fagotti come una frontline di saxophoni, o la tromba, ancora in stile jazzistico, mentre l’ottavino fa parte del suo paesaggio sonoro natale, quindi,  l’ “Adagio assai”, uno dei brani senz’altro più conosciuti di Ravel, ma anche uno dei più belli, in assoluto, della musica del ‘900 e non solo, che lo stesso compositore sostiene di essere stato ispirato al “Larghetto” dello Stadler Quintet mozartiano, quindi il corno inglese che riprende la melodia e il pianoforte lo accompagna in modo molto liquido e con dei fraseggi melodici delicatissimi. E per finire il virtuosistico Presto finale, definito un “Perpetuum mobile”, cioè qualcosa che non si ferma mai. Tante tracce, una diaspora di modi e ritmi, che strizzano anche l’occhio al jazz, ma sempre inquadrati in una cornice sobria, classica. Sono ansioso di provare ed eseguire questo concerto, che è già entrato nel mio sentire, in particolare il secondo movimento, che mi ricorda il sogno de’ “L’Enfant e le Sortilèges”, uno dei brani preferiti da mio padre.

Forse non è un caso che lo studio di questo concerto sia capitato in un momento particolare della mia vita, in cui hanno riaperto questa biblioteca dell’infanzia che mio padre aveva fondato, luogo dove la parola nel suo domandare, in suoni e segni riaccenderà la meraviglia, quale incanto e superamento estatico della ragione, un’oasi, che sposa le ragioni di una visione dell’ “oltre” viva, che sposa l’Adagio raveliano. Per me sarà un interessante esperimento il concerto, considerando anche che è la prima volta che lavoro con questa orchestra che so’ ha messo su una mirata programmazione, di cui ho ascoltato questa MisaTango, una formazione che è simbolo di resilienza della musica italiana, in particolare nel Sud Italia ove stanno nascendo diverse orchestre I.C.O. e sono veramente felice di poter apportare il mio contributo. Riguardo la Sinfonia in Do di Georges Bizet è una scelta interessante per il pubblico, poiché di raro ascolto. Confesso che il compositore francese non rientra tra i miei autori preferiti, ma in questa partitura giovanile intravvediamo quella linea che da una parte guarda a Gounod, dall’altra già ha in nuce i temi della corrida della Carmen”. La serata verrà inaugurata dall’esecuzione del Concerto in Sol di Maurice Ravel, datato 1929. La novità di questa partitura è nel concentrare l’attenzione sul passaggio da un’immagine sonora all’altra. Sembra la cosa più semplice del mondo, ma si tratta, invece, di un fenomeno di grande complessità, come ci avrebbe mostrato Ligeti, quasi quarant’anni dopo, con le sue “Apparitions”. Ravel, dopo l’esperienza del Boléro, ha rivelato le potenzialità impressionanti della stasi e della ripetizione, di quella regolarità un po’ ipnotica, che diverrà il fondamento della musica di Steve Reich, e in questo concerto la metamorfosi da una figura all’altra avviene, talvolta, con una lentezza che ha lo scopo di esasperare al massimo l’ambiguità, come possiamo constatare già con l’esposizione dei temi del primo movimento che si apre con un “Allegramente” con uno schiocco di frusta che insieme al tamburo e ad un arpeggio del pianoforte, mette in movimento il meccanismo ritmico, tra danze basche, ottavino che ha da sembrare un piffero, sognante corno inglese, fox trot, una citazione della Rhapsody in blue, certa rêverie passatista del pianoforte, insomma, trascinandoci tra una Ballroom del Biltmore Hotel di Los Angeles e il salotto della Maison de Polignac.

Quindi, il concerto vive la sua più intima intermittence du coeur con la musica di Mozart, dove viene fuori anche il genio di orchestratore e al maestro Sipari che intuisce il canto de’ “Le Merle Noir” di Olivier Messiaen, un suo giudizio sull’ Adagio assai “Une mélodie faureenne “massenetisée”, insupportablement mièvre”. Quindi, dopo quattro accordi, un rullo di tamburo e un colpo di grancassa, che nasce dal ricordo di Parade, il pianoforte può cominciare la sua vertiginosa toccata, quindi le varie sezioni dell’orchestra si scatenano diventando partner virtuosi pari al pianoforte, rotando come dischi multicolori di Duchamp, nella loro disciplinata vertigine, finchè il meccanismo non si ferma con rullo e cassa, come aveva principiato. Seconda parte di serata dedicata per intero alla Sinfonia in Do composta da un diciassettenne Georges Bizet, nel 1855, in cui il compositore ha presenti alcuni modelli ben definiti: la tradizione della prima scuola di Vienna, quella di Mendelssohn, per quanto riguarda la strumentazione, ma soprattutto Gounod e la sua Sinfonia in Re maggiore: molti procedimenti, le fanfare, le rapide figurazioni svolte dagli archi, specialmente in prossimità delle cadenze, lo sviluppo basato sulla progressione e, persino, il fugato del movimento lento, sono comuni ad entrambe le sinfonie, che presentano anche affinità tematiche. L’ Allegro vivo è una vera esplosione di gioia, si sviluppa in crescendo sulla base di un energico arpeggio ascendente; un secondo tema, molto cantabile, introdotto e sostenuto da un’ampia melodia dell’oboe.

L’ Adagio, velato di mestizia, è sicuramente la sezione più avvincente della sinfonia. Una breve introduzione ricorda il “ritmo della quaglia” in coda al secondo movimento della Sesta Sinfonia di Beethoven, emerge, poi, un tema nostalgico e affascinante affidato all’oboe sul pizzicato delle viole. Dopo un episodio centrale in fugato, ritorna la melodia dell’oboe che chiude il movimento sui lievi arabeschi costruiti dagli altri strumenti. L’Allegro vivace è uno Scherzo, evocante la Sinfonia “Italiana” di Mendelssohn e, più ancora, il “Sogno d’una notte di mezza estate”, con un Trio centrale dai toni rustici, pastorali. Il finale Allegro vivace, in forma-sonata, anticipa alcune idee che Bizet concretizzerà nella Carmen.

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