La Lectio Magistralis del prof. Zaffaroni a Cosenza: un appello alla ragione nel Diritto Penale
La lectio magistralis del prof. Eugenio Raul Zaffaroni, eminente giurista e professore emerito dell’Università di Buenos Aires, ha entusiasmato il folto pubblico accorso a Palazzo dei Bruzi a Cosenza....

La lectio magistralis del prof. Eugenio Raul Zaffaroni, eminente giurista e professore emerito dell’Università di Buenos Aires, ha entusiasmato il folto pubblico accorso a Palazzo dei Bruzi a Cosenza. L’evento, promosso dalla sinergia tra l’Amministrazione comunale di Cosenza, guidata dal Sindaco Franz Caruso, l’Accademia Cosentina, presieduta da Antonio D’Elia, e l’Università della Calabria con l’Istituto interdipartimentale di Studi Penalistici “Alimena”, diretto dal prof. Mario Caterini, ha offerto spunti di riflessione profondi sul significato e la funzione della pena nella società contemporanea.
Il Sindaco Franz Caruso, nel fare gli onori di casa e introdurre il prof. Zaffaroni, ha sottolineato la significatività e l’attualità del tema trattato, rilevante non solo per gli operatori del diritto ma per l’intera opinione pubblica. Ponendo la domanda centrale “La pena ha senso?”, il Sindaco ha richiamato l’attenzione sul problema del sovraffollamento carcerario e sulle condizioni di sofferenza dei detenuti, ricordando al contempo i principi cardine sanciti dall’articolo 27 della Costituzione italiana, in particolare il fine rieducativo della pena, la libertà penale personale e la presunzione di innocenza. Caruso ha evidenziato come la legislazione italiana abbia introdotto diverse misure alternative alla pena che mirano a mitigare la funzione retributiva in favore della rieducazione. Egli ha espresso la sua convinzione che l’esperienza e la competenza del prof. Zaffaroni avrebbero fornito insegnamenti e indirizzi preziosi per l’evoluzione futura della funzione della pena.
Al termine della lectio, il Sindaco Caruso ha consegnato al prof. Zaffaroni il sigillo della città, un riconoscimento per la sua illustre carriera e per l’attenzione rivolta a Cosenza, definita “l’Atene della Calabria” e una “culla del diritto”.
Antonio D’Elia, Presidente dell’Accademia Cosentina, ha introdotto la lectio sottolineando il forte legame dialogico presente nell’ermeneutica del prof. Zaffaroni, incentrata sul rapporto “io- tu- noi”. Secondo D’Elia, “la pena ha senso se si qualifica quale azione di incremento dell’io”, ma ciò richiede un dialogo sia interno che esterno all’individuo. Al termine del suo intervento, D’Elia ha conferito al prof. Zaffaroni la pergamena di Accademico onorario.
Il prof. Zaffaroni ha ringraziato il Sindaco Caruso per l’accoglienza, definendo il Municipio “la culla della democrazia”. Entrando nel vivo della sua lectio, ha ricordato come alcuni giuristi del passato abbiano messo in discussione il senso della pena, citando l’abolizionista Louk Hulsman. In un contesto attuale segnato da incertezze globali, il prof. Zaffaroni ha sottolineato come il compito dei penalisti sia interpretare le leggi vigenti, il diritto positivo, e come la giurisprudenza, essendo formata da atti di governo, debba calare la funzione della pena nella realtà. Ha criticato la tendenza dei penalisti a “scegliere la funzione che ci piace”, evidenziando il contrasto con altre branche del diritto come il civile e l’amministrativo, dove la funzione della sanzione è più definita.
Il prof. Zaffaroni ha poi offerto una lucida analisi della realtà latinoamericana, dove il 90% dei carcerati sono giovani provenienti da contesti di povertà e con bassa istruzione, spesso autori di reati di sopravvivenza. Ha descritto un sistema penale brutale, con carceri sovraffollate e un alto tasso di omicidi. Richiamando le teorie del giurista brasiliano Tobias Barreto, il prof. Zaffaroni ha evidenziato come quest’ultimo avesse equiparato la pena alla guerra, definendole non fatti giuridici ma fatti politici.
Il prof. Zaffaroni ha sottolineato come il diritto internazionale abbia sviluppato una “umiltà” nel non interrogarsi sulla giustizia o ingiustizia della guerra, un’umiltà che a suo dire manca ancora ai penalisti. Ha insistito sulla necessità di limitare razionalmente un fenomeno intrinsecamente irrazionale, riconoscendo la realtà del potere politico. Il problema attuale, secondo il professore, non è progettare Stati ideali, ma ottenere l’efficacia delle norme costituzionali e internazionali, interpretando la legge penale e progettando un esercizio del potere giurisdizionale che porti a un controllo almeno ragionevole del potere punitivo. In conclusione, ha ammonito che se non si limita l’esercizio del potere punitivo con la proporzionalità al grado di colpevolezza e tenendo conto della vulnerabilità del soggetto, esso rischia di degenerare in genocidio, auspicando un “atto di umiltà” simile a quello compiuto dagli internazionalisti.
Prima dell’intervento del prof. Zaffaroni, il prof. Mario Caterini, direttore dell’Istituto “Alimena”, ha definito l’insigne giurista argentino “un vero, autentico maestro del diritto”, la cui influenza trascende i confini latinoamericani. Utilizzando una metafora calcistica, lo ha paragonato a “il Maradona del diritto penale”, sottolineandone il “pensiero rigoroso, mai accomodante, animato da una costante coscienza critica nei confronti del potere punitivo”.
Il professor Mario Iazzolino, Segretario Perpetuo dell’Accademia Cosentina, ha ricordato la tradizione giuridica dell’Accademia, citando figure come gli Alimena e Gullo, mentre il prorettore dell’Unical, professor Francesco Scarcello, ha portato i saluti dell’ateneo.