Pasqua nell’anno della speranza: il messaggio dell’Arcivescovo di Cosenza-Bisignano

Celebrare la Pasqua nell’anno giubilare dedicato alla speranza è un dono incomparabile. È da questa convinzione profonda che l’Arcivescovo di Cosenza-Bisignano ha voluto partire per il suo messaggio ....

A cura di Redazione
20 aprile 2025 08:00
Pasqua nell’anno della speranza: il messaggio dell’Arcivescovo di Cosenza-Bisignano -
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Celebrare la Pasqua nell’anno giubilare dedicato alla speranza è un dono incomparabile. È da questa convinzione profonda che l’Arcivescovo di Cosenza-Bisignano ha voluto partire per il suo messaggio pasquale, offrendo una riflessione intensa e autentica sul valore della speranza cristiana, che va ben oltre un semplice ottimismo di facciata.

“Talora confondiamo la speranza con l’ottimismo,” spiega il presule, chiarendo che l’ottimismo è un atteggiamento preconcetto, una lettura forzata e spesso illusoria del mondo, un “velo” sulla realtà. La speranza cristiana, invece, è realistica: chiama le cose con il loro nome, non nega l’incertezza, ma la attraversa con fiducia perché sa che il mondo non ci appartiene, ci è stato donato.

La mancanza di speranza, ammonisce l’Arcivescovo, alimenta l’impazienza, la frenesia di avere tutto subito, come lo vogliamo noi, ed è espressione di un “ateismo pratico”: il voler stabilire da soli i criteri del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto. In questo senso, la speranza si fa atteggiamento antiidolatrico, antidoto alla sindrome di onnipotenza e alla voracità del potere che affatica il nostro tempo.

Se l’ottimismo manipola la realtà, la speranza la abbraccia, ne accoglie la complessità e la contraddizione. Richiamando Edgar Morin, l’Arcivescovo definisce la realtà come un “tessuto di elementi eterogenei intrecciati in modo inseparabile”, dove spesso si incontrano elementi inaspettati, apparentemente disordinati, ma carichi di senso.

La speranza cristiana è acrobatica, dice ancora, come quella di chi osa guardare il mondo da un’altra prospettiva. È questa la chiave per leggere i paradossi del Vangelo e superare sia il cinismo che il falso ottimismo. È un invito ad incarnarsi nella storia, quella stessa storia che Cristo ha voluto abitare, con tutte le sue contraddizioni, scegliendo di viverla fino in fondo.

“E se da acrobati proviamo a fare questa esperienza,” conclude, “si apre per noi la parola della Risurrezione.” Non una formula imparata al catechismo, ma l’esperienza viva di un Dio che spezza i nostri schemi, che sbaraglia la storia, come fece quel mattino davanti al sepolcro vuoto.

“Solo chi si lasciava illuminare dalla speranza,” ricorda l’Arcivescovo, “seppe riconoscere la verità nella tomba vuota, nell’assenza del Risorto, nel pane spezzato, nella ferita del Crocifisso.”

In un tempo segnato da smarrimento e paura, la Pasqua diventa allora un invito a vivere come acrobati della speranza, sfidando la gravità delle nostre paure, affidandoci alla logica iperbolica del Vangelo, e facendo nostre le parole dei semplici: “Credo, aiutami nella mia incredulità”.

Solo così, conclude il messaggio, diventiamo portatori di speranza, credendo davvero che la pace è possibile, che l’amore vincerà l’oblio, che la vita trionferà sulla morte.

E con le parole di David Maria Turoldo, l’augurio si fa invito missionario:

“Andate a dire ai quattro venti che la notte passa,
che tutto ha un senso,
che le guerre finiscono,
che l’amore alla fine vincerà l’oblio,
e la vita sconfiggerà la morte.
Continuate a dire che la speranza non ha confini.”

Auguri di Santa Pasqua.

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